Una donna francese saprebbe che fine ha fatto Emanuela e scrive tutto ad un noto giornalista: rivelazioni scioccanti.
C’è una voce che torna a farsi sentire tra le pieghe più oscure del caso Orlandi. Una voce fragile e insistente, fatta di email che arrivano a raffica, quasi ora dopo ora, nel cuore della notte.

È quella di Sophie, una donna francese che tra il 2021 e il 2022 ha inviato al giornalista Gianluigi Nuzzi decine di messaggi carichi di accuse, visioni, nomi e dettagli che, se anche solo in parte fossero veri, aprirebbero un capitolo mai scritto su una delle sparizioni più inquietanti degli ultimi quarant’anni.
Che fine ha fatto Emanuela Orlandi?
La donna francese scrive: «Emanuela mi parla, vuole che suo fratello sappia la verità». La donna racconta di essere guidata da una sorta di voce interiore, a volte firmandosi come Sophie, a volte scrivendo come se fosse Emanuela stessa.
Racconta di aver ricevuto dei messaggi spirituali dalla Curia di Avignone e sostiene di conoscere i dettagli della sparizione di Emanuela, in quel triste pomeriggio del 22 giugno 1983.

Spicca un nome nei suoi messaggi, quello di Enrico De Pedis torna a circolare. Racconta che quel giorno Emanuela sarebbe salita su un’auto con due uomini: uno sarebbe stato proprio De Pedis, l’altro monsignor Vergari, allora rettore della basilica di Sant’Apollinare.
Secondo il suo racconto, De Pedis avrebbe promesso un lavoro a Emanuela, convincendola a preparare una celebrazione religiosa per poi passare a prenderla dopo la lezione di musica. Un saluto veloce a un’amica, poi il buio.
Tra le mura del Vaticano tra orge e omertà
Ma le email non si fermano a quella giornata. Col passare delle settimane, Sophie scrive di scene ancora più inquietanti. Parla di abusi nei giardini vaticani, di incontri a porte chiuse tra religiosi di alto rango, di orge in ambienti ecclesiastici.
Soprattutto, tira in ballo un cardinale che oggi sarebbe ancora vivo e in carica. Le sue accuse sono pesanti, scioccanti, difficili da ignorare, anche se altrettanto difficili da provare.

La donna francese scrive: «Il Vaticano nasconde un dossier, chiuso in cassaforte, pieno di appunti, intercettazioni, nomi. Se tutto venisse fuori, le conseguenze sarebbero devastanti».
Minacce, uomini sospetti e paura di sparire
Più Sophie scrive, più sembra spaventata. Racconta di una visita a Milano dopo la quale avrebbe notato uomini sconosciuti vicino casa sua. «Temo che stiano aspettando un ordine. È un modo per farmi tacere? Ho paura di essere rapita», scrive ancora.
Il giornalista condivide tutto con persone vicine alla famiglia Orlandi. Alcuni dettagli sono già noti, altri non reggono al confronto con i fatti. Sophie però insiste, dice di non voler nulla in cambio, di non essere nemmeno nata all’epoca della sparizione: «Non so se tutto è vero. Ma sento che Emanuela vuole che suo fratello conosca la verità».
È difficile collocare il racconto di Sophie. Le sue parole si muovono tra fede e paura, tra intuizioni mistiche e nomi che fanno tremare i palazzi più alti della Chiesa. Vero, falso, confuso o ispirato: il suo è l’ennesimo tassello di un puzzle che nessuno, dopo quarant’anni, è riuscito a completare. Ma c’è una frase che resta impressa: «La chiave di tutto è nella scuola di musica. E in chi l’ha avvicinata quel giorno».